VPB 60.30

(Auszug aus einem Entscheid der Schweizerischen Asylrekurskommission vom 10. Januar 1995)

Grundsatzentscheid der Schweizerischen Asylrekurskommission[8].

Art. 3 Abs. 1
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 3 Definizione del termine «rifugiato» - 1 Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
1    Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
2    Sono pregiudizi seri segnatamente l'esposizione a pericolo della vita, dell'integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile. Occorre tenere conto dei motivi di fuga specifici della condizione femminile.
3    Non sono rifugiati le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato. È fatto salvo il rispetto della Convenzione del 28 luglio 19514 sullo statuto dei rifugiati.5
4    Non sono rifugiati le persone che fanno valere motivi sorti a causa del loro comportamento dopo la partenza dal loro Paese d'origine o di provenienza e che non sono l'espressione o la continuazione di una convinzione o di un orientamento già ivi esistente. Rimangono salve le disposizioni della Convenzione del 28 luglio 19516 sullo statuto dei rifugiati.7
und 2
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 3 Definizione del termine «rifugiato» - 1 Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
1    Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
2    Sono pregiudizi seri segnatamente l'esposizione a pericolo della vita, dell'integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile. Occorre tenere conto dei motivi di fuga specifici della condizione femminile.
3    Non sono rifugiati le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato. È fatto salvo il rispetto della Convenzione del 28 luglio 19514 sullo statuto dei rifugiati.5
4    Non sono rifugiati le persone che fanno valere motivi sorti a causa del loro comportamento dopo la partenza dal loro Paese d'origine o di provenienza e che non sono l'espressione o la continuazione di una convinzione o di un orientamento già ivi esistente. Rimangono salve le disposizioni della Convenzione del 28 luglio 19516 sullo statuto dei rifugiati.7
AsylG. Elemente des Verfolgungsbegriffs beziehungsweise Voraussetzungen für die Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft. Frage der Staatlichkeit der Verfolgung (sogenannte «quasi-staatliche Verfolgung»).

1. Übersicht über die materiellen Voraussetzungen für die Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft (E. 3.a und 4.a-c).

2. Schutzfähigkeit des Heimatstaates. Die Verfolgung durch «private» Körperschaften, welche, ohne anerkannte Träger der Staatsordnung zu sein, faktisch die Herrschaft über bestimmte Teilgebiete des staatlichen Territoriums und die dort lebende Bevölkerung ausüben (sogenannte «quasi-staatliche Verfolgung»), ist bei der Prüfung der Flüchtlingseigenschaft staatlicher Verfolgung gleichzusetzen. Beurteilungskriterien (Grad der faktischen Herrschaft; zeitliche Konstanz; Effektivität [E. 4.d, aa und bb]).

Décision de principe de la Commission suisse de recours en matière d'asile[9].

Art. 3 al. 1 et 2 LAsi. Critères liés à la notion de persécution ou conditions requises pour la reconnaissance de la qualité de réfugié. Caractère étatique ou quasi étatique de la persécution.

1. Aperçu des conditions matérielles requises pour la reconnaissance de la qualité de réfugié (consid. 3.a et 4.a-c).

2. Capacité de protection de l'Etat d'origine. Les persécutions imputables à des groupes organisés qui, sans être revêtus de la puissance publique, exercent un pouvoir de fait sur une partie déterminée du territoire national et de la population qui y réside, doivent être assimilées à des persécutions exercées par l'Etat. On parle alors de «persécutions quasi étatiques», pour la définition desquelles les critères suivants sont déterminants: degré d'intensité et de pérennité du pouvoir de fait (consid. 4.d, aa et bb).

Decisione di principio della Commissione svizzera di ricorso in materia d'asilo[10].

Art. 3 cpv. 1 e 2 LAsi. Elementi della nozione di persecuzione, nonché presupposti per il riconoscimento della qualità di rifugiato. Cosiddetta persecuzione «quasi-statale».

1. Presupposti materiali per il riconoscimento della qualità di rifugiato (consid. 3.a e 4.a-c).

2. Capacità di protezione da parte dello Stato d'origine del richiedente. Le persecuzioni imputabili a gruppi «privati» che senza essere detentori legittimi del potere pubblico esercitano di fatto la potestà su di una parte determinata del territorio nazionale e sulla popolazione ivi residente, sono assimilabili - nell'esame della qualità di rifugiato - a persecuzioni statali, a condizione che siffatta potestà soddisfi determinati criteri (grado, stabilità, persistenza ed effettività del dominio; consid. 4.d, aa e bb).

Zusammenfassung des Sachverhalts:

Der Beschwerdeführer, ein Muslim aus Mostar, verliess Bosnien-Herzegowina eigenen Angaben zufolge am 16. Juni 1993 und reiste über Kroatien und Italien in die Schweiz, wo er am 7. September 1993 ein Asylgesuch einreichte.

Der Rekurrent machte im wesentlichen geltend, er sei im April 1992 freiwillig dem Kroatischen Verteidigungsrat (HVO) beigetreten, um gegen die Serben zu kämpfen. Nachdem in seinem Heimatland im Mai 1993 der Konflikt zwischen Kroaten und Muslimen ausgebrochen sei, hätten der HVO wie auch die reguläre Kroatische Armee (HV) damit begonnen, ihre muslimischen Soldaten festzunehmen und zu internieren. Er sei am 10. Mai 1993 von mehreren HVO- und HV-Soldaten zu Hause abgeholt und bis zum 10. Juni 1993 zusammen mit 33 seiner muslimischen HVO-Kameraden in zwei verschiedenen Lagern unter unmenschlichen Bedingungen festgehalten worden; insbesondere sei er mehrmals getreten sowie mit Stöcken und Gewehrkolben geschlagen und dazu gezwungen worden, an besonders gefährlichen Frontstellen Stellungen zu bauen. Er habe auf dem nackten Fussboden schlafen müssen und zuwenig Nahrung erhalten. Als Folge dieser schlechten Behandlung habe er elf Kilogramm Körpergewicht verloren und sei an Tuberkulose erkrankt.

Mit Verfügung vom 29. April 1994 verneinte das Bundesamt für Flüchtlinge (BFF) die Flüchtlingseigenschaft des Beschwerdeführers, wies dessen Asylgesuch ab und ordnete seine Wegweisung aus der Schweiz an. Die Vorinstanz begründete ihren Entscheid mit der mangelnden Asylrelevanz der Sachverhaltsdarstellung des Rekurrenten. Hingegen wurde die Unzumutbarkeit des Vollzugs der Wegweisung zum gegenwärtigen Zeitpunkt festgestellt und der Rekurrent gestützt auf den Bundesratsbeschluss vom 21. April 1993 vorläufig in der Schweiz aufgenommen.

Mit Eingabe vom 22. Mai 1994 ficht der Rekurrent die Verfügung des BFF an. Er beantragt die Aufhebung der vorinstanzlichen Verfügung und die Gewährung des Asyls. Mit der Beschwerde werden unter anderem zwei Arztzeugnisse zu den Akten gereicht. Auf die Begründung der Eingabe wird, soweit entscheidwesentlich, in den Erwägungen eingegangen.

Die Vorinstanz schliesst in ihrer Vernehmlassung vom 4. August 1994 auf Abweisung der Beschwerde.

Die Schweizerische Asylrekurskommission (ARK) heisst die Beschwerde gut und weist die Vorinstanz an, dem Beschwerdeführer Asyl zu erteilen.

Aus den Erwägungen:

3.a. Die Schweiz gewährt Flüchtlingen auf Gesuch hin Asyl (Art. 2
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 2 Asilo - 1 La Svizzera, su domanda, accorda asilo ai rifugiati secondo le disposizioni della presente legge.
1    La Svizzera, su domanda, accorda asilo ai rifugiati secondo le disposizioni della presente legge.
2    L'asilo comprende la protezione e lo statuto accordati a persone in Svizzera in ragione della loro qualità di rifugiati. Esso comprende il diritto di risiedere in Svizzera.
des Asylgesetzes vom 5. Oktober 1979 [AsylG], SR 142.31). Flüchtlinge sind Ausländer, die in ihrem Heimatstaat oder im Land, wo sie zuletzt wohnten, wegen ihrer Rasse, Religion, Nationalität, Zugehörigkeit zu einer bestimmten sozialen Gruppe oder wegen ihrer politischen Anschauungen ernsthaften Nachteilen ausgesetzt sind oder begründete Furcht haben, solchen Nachteilen ausgesetzt zu werden. Als ernsthafte Nachteile gelten namentlich die Gefährdung von Leib, Leben oder Freiheit sowie Massnahmen, die einen unerträglichen psychischen Druck bewirken (Art. 3 Abs. 1
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 3 Definizione del termine «rifugiato» - 1 Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
1    Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
2    Sono pregiudizi seri segnatamente l'esposizione a pericolo della vita, dell'integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile. Occorre tenere conto dei motivi di fuga specifici della condizione femminile.
3    Non sono rifugiati le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato. È fatto salvo il rispetto della Convenzione del 28 luglio 19514 sullo statuto dei rifugiati.5
4    Non sono rifugiati le persone che fanno valere motivi sorti a causa del loro comportamento dopo la partenza dal loro Paese d'origine o di provenienza e che non sono l'espressione o la continuazione di una convinzione o di un orientamento già ivi esistente. Rimangono salve le disposizioni della Convenzione del 28 luglio 19516 sullo statuto dei rifugiati.7
und 2
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 3 Definizione del termine «rifugiato» - 1 Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
1    Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
2    Sono pregiudizi seri segnatamente l'esposizione a pericolo della vita, dell'integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile. Occorre tenere conto dei motivi di fuga specifici della condizione femminile.
3    Non sono rifugiati le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato. È fatto salvo il rispetto della Convenzione del 28 luglio 19514 sullo statuto dei rifugiati.5
4    Non sono rifugiati le persone che fanno valere motivi sorti a causa del loro comportamento dopo la partenza dal loro Paese d'origine o di provenienza e che non sono l'espressione o la continuazione di una convinzione o di un orientamento già ivi esistente. Rimangono salve le disposizioni della Convenzione del 28 luglio 19516 sullo statuto dei rifugiati.7
AsylG).

Nach Lehre und Praxis (vgl. Achermann Alberto / Hausammann Christina, Handbuch des Asylrechts, 2. Aufl., Bern/Stuttgart 1991, S. 74 f. mit weiteren Hinweisen sowie S. 89 f. und 107 ff.; Kälin Walter, Grundriss des Asylverfahrens, Basel / Frankfurt a. M. 1990, S. 38 mit weiteren Hinweisen sowie S. 71 ff. und 125 ff.; Werenfels Samuel, Der Begriff des Flüchtlings im schweizerischen Asylrecht, Bern u. a. 1987, S. 181 ff. und 192 ff. je mit weiteren Hinweisen sowie S. 294 ff. und 333 ff.) setzt die Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft im wesentlichen voraus, dass der betreffende Asylbewerber

- ernsthafte Nachteile in bestimmter Intensität erlitten hat (bzw. solche bei einer Rückkehr in das Heimatland mit beachtlicher Wahrscheinlichkeit und in absehbarer Zukunft berechtigterweise befürchten muss), welche

- ihm gezielt und

- aufgrund bestimmter Verfolgungsmotive

- (unmittelbar oder mittelbar) durch den Heimatstaat zugefügt worden sind.

- Die erlittene Verfolgung muss zudem zum Zeitpunkt der Ausreise noch aktuell sein (bzw. muss ein kausaler Zusammenhang zwischen der Flucht und den erlittenen Nachteilen bestehen), und

- es muss dem Gesuchsteller unmöglich sein, in einem anderen Teil seines Heimatstaates Schutz vor Verfolgung zu finden (Ausschluss einer valablen sogenannten innerstaatlichen Fluchtalternative).

- Schliesslich findet der Gesuchsteller nach Lehre und Praxis keine Aufnahme als Flüchtling, wenn bis zum Zeitpunkt des Entscheids beziehungsweise Urteils eine derartige Besserung der Lage im Heimatland eingetreten ist, welche eine Schutzgewährung durch die Schweiz obsolet erscheinen lässt (vgl. etwa die bei Kälin [a. a. O., S. 131 mit weiteren Hinweisen] zitierten Beispiele: Der Gesuchsteller wird in der Zwischenzeit begnadigt oder sein Heimatland kehrt zu rechtsstaatlichen und demokratischen Verhältnissen zurück).

b. Die Vorinstanz begründete ihre die Flüchtlingseigenschaft des Beschwerdeführers verweigernde Verfügung im wesentlichen folgendermassen: Dessen Erlebnisse würden eine Folge der im Heimatland herrschenden Kriegswirren darstellen und seien deshalb grundsätzlich weder als staatliche Verfolgung noch als Verweigerung staatlichen Schutzes zu qualifizieren; der bosnische Staat müsse zur Zeit als schutzunfähig angesehen werden. Die Internierung des Rekurrenten habe eine völkerrechtlich nicht unzulässige Kriegsgefangenschaft dargestellt und sich gegen ihn in seiner Eigenschaft als Soldat gerichtet und nicht gegen das «Individuum ». Der Freiheitsbeschränkung gehe demnach bereits die zur Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft erforderliche Zielgerichtetheit und Verfolgungsmotivation ab. Die Frage, ob diese Nachteile eine asylrelevante Intensität erreicht hätten, könne bei dieser Sachlage offenbleiben.

4.a. Die Rechte und Pflichten von Kriegsgefangenen sind völkerrechtlich unter anderem im Genfer Abkommen über die Behandlung der Kriegsgefangenen vom 12. August 1949 (nachfolgend: III. Genfer Abkommen, SR 0.518.42) umschrieben. Dieses wurde vom ehemaligen Jugoslawien im Jahre 1950 - abgesehen von zwei hier nicht interessierenden Ausnahmen - vorbehaltlos ratifiziert (vgl. die Übersicht über die Geltungsbereiche, Vorbehalte und Erklärungen zu den Genfer Abkommen I bis IV [SR 0.518.12] sowie die Zusatzprotokolle I und II zu diesen Vertragswerken vom 8. Juni 1977 [SR 0.518.521 und 0.518.522]). Ob die Internierung des Beschwerdeführers, wie vom BFF geltend gemacht, als (grundsätzlich nicht unzulässige) Kriegsgefangenschaft im Sinne von Art. 4 des III. Genfer Abkommens zu qualifizieren ist, ergibt sich für die Asylrekurskommission nicht ohne weiteres: Einerseits ist der Rekurrent nicht eigentlich «in die Gewalt des Feindes gefallen» (vgl. Art. 4 des III. Genfer Abkommens sowie Art. 44 Abs. 1 des zugehörigen Zusatzprotokolls I), sondern offensichtlich das Opfer einer internen ethnischen «Säuberung» des HVO geworden und durch seine bisherigen Kameraden festgehalten worden. Andererseits wäre von der Vorinstanz vorab die
grundsätzliche Frage zu klären gewesen, ob beziehungsweise inwieweit der HVO überhaupt den durch das III. Genfer Abkommen festgelegten Verpflichtungen unterliegt, nachdem es sich bei dieser Vereinigung offenbar nicht um reguläre Truppen eines die entsprechenden Vertragswerke durch Ratifikation anerkennenden Völkerrechtssubjekts handelt. Gegebenenfalls wäre auch zu prüfen gewesen, ob die im III. Genfer Abkommen verankerten Grundsätze heute bereits als Völkergewohnheitsrecht anzusehen sind. Diese Rechtsfragen brauchen indessen vorliegend nicht beantwortet zu werden, weil sie für den Ausgang des Verfahrens irrelevant sind: Das erwähnte Abkommen legt unter anderem Minimalgrundsätze betreffend die Behandlung von Kriegsgefangenen fest (vgl. etwa die Art. 13-15, 25-32 sowie 49-57 des III. Genfer Abkommens), welche im Falle der Internierung des Beschwerdeführers indessen klarerweise nicht eingehalten worden sind. Selbst wenn dieser Freiheitsentzug als Kriegsgefangenschaft zu qualifizieren wäre, vermöchte dies die von ihm erlittenen Nachteile demnach nicht zu rechtfertigen. Bei dieser Sachlage kann die Frage, ob es sich vorliegend um eine Kriegsgefangenschaft im völkerrechtlichen Sinne handelt - beziehungsweise ob das III. Genfer
Abkommen in Fällen wie dem vorliegenden überhaupt Anwendung finden könnte -, offenbleiben.

b. Den vorinstanzlichen Ausführungen zur Frage der Verfolgungsmotivation der dem Beschwerdeführer zugefügten Nachteile kann sich die Asylrekurskommission aus folgenden Gründen nicht anschliessen: Der Rekurrent ist, wie auch seine anderen muslimischen Kameraden, vom HVO offensichtlich einzig aufgrund seiner Religionszugehörigkeit beziehungsweise Ethnie interniert worden. Selbst wenn diese Massnahme «von ihrer Zielsetzung her auf die Ausschaltung eines potentiellen militärischen Feindes» gerichtet gewesen wäre (laut BFF-Verfügung), wäre der Anknüpfungspunkt für die Verfolgung des Beschwerdeführers klarerweise in dessen Religion respektive ethnischer Zugehörigkeit - mithin in asylrechtlich relevanten Motiven - zu sehen.

c. Zu der von der Vorinstanz verneinten Gezieltheit der Verfolgung ist folgendes festzuhalten: Der Rekurrent hat glaubhaft dargelegt, dass die kroatischen HVO und HV nach dem Ausbruch der Konflikte zwischen Kroaten und Muslimen in Bosnien-Herzegowina im Frühjahr 1993 damit begonnen haben, gegen muslimische Soldaten in ihren eigenen Reihen vorzugehen und diese zu internieren. Der Umstand allein, dass neben dem Beschwerdeführer auch die anderen moslemischen HVO- beziehungsweise HV-Angehörigen dieselben Nachteile zu erleiden hatten, vermag die Gezieltheit der gegen den Rekurrenten gerichteten Massnahmen nach der Praxis der Asylrekurskommission klarerweise nicht aufzuheben: Das Kriterium der Gezieltheit beziehungsweise der Finalität ist bereits dann erfüllt, wenn der Einzelne zu einer konsequent verfolgten «Zielgruppe» gehört (vgl. zum Ganzen: Werenfels, a. a. O., S. 202; Kälin, a. a. O., S. 75 f.; Entscheidungen und Mitteilungen der Schweizerischen Asylrekurskommission [EMARK] 1993 Nr. 20, S. 130 sowie VPB 60.29[11]). Die gegenteilige Ansicht würde zum absurden Resultat führen, dass (ansonsten asylrechtlich relevante) Verfolgung um so weniger zur Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft der Angehörigen der «Zielgruppe» führen
würde, je umfassender und systematischer gegen die Mitglieder des betreffenden Kollektivs vorgegangen wird.

d.aa. Die Frage der Staatlichkeit der Verfolgung des Beschwerdeführers ist im Gegensatz zu den vorstehend behandelten Punkten nicht ohne weiteres eindeutig zu beantworten: Lehre und Praxis sind sich darin einig, dass staatliche Verfolgung (im Falle des Erfüllens der übrigen diesbezüglichen Voraussetzungen) grundsätzlich zur Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft führt, während rein private Verfolgung, etwa im Rahmen familiärer Blutrache, unter dem Gesichtspunkt der Asylrelevanz - im Gegensatz zu demjenigen der Zulässigkeit und Zumutbarkeit des Wegweisungsvollzugs - grundsätzlich unbeachtlich bleiben muss. Einigkeit herrscht auch darüber, dass sich der Staat private Nachstellungen dann als sogenannte mittelbare Verfolgung zurechnen lassen muss, wenn er diese anregt, unterstützt, billigt oder tatenlos hinnimmt, obwohl er zur Schutzgewährung in der Lage wäre, und damit seinen fehlenden Schutzwillen zum Ausdruck bringt.

Umstritten ist jedoch die Frage der mittelbaren Verfolgung bei - beispielsweise aufgrund einer Bürgerkriegssituation - fehlender staatlicher Schutzfähigkeit, wobei hier je nach der Kategorie der Täter zwei Konstellationen zu unterscheiden sind: Die Asylrelevanz der Verfolgung durch private Dritte im schutzunfähigen Staat wird von der massgebenden Lehre uneinheitlich beurteilt (zurückhaltend bejahend: Kälin, a. a. O., S. 64 ff.; eher verneinend: Werenfels, a. a. O., S. 222 ff.; hier unklar: Achermann/Hausammann, a. a. O., vgl. S. 86 f.), während die Praxis der schweizerischen Asylbehörden diese Frage verneint. Den Fall der Verfolgung durch «private» Körperschaften, welche, ohne anerkannte Träger der Staatsordnung zu sein, faktisch die Herrschaft über bestimmte Teilgebiete des staatlichen Territoriums und die dort lebende Bevölkerung ausüben, qualifiziert die Lehre hingegen einhellig als sogenannte quasi-staatliche Verfolgung und stellt sie hinsichtlich der Asylrelevanz derjenigen der (unmittelbar) staatlichen gleich (Kälin, a. a. O., S. 70; Achermann/Hausammann, a. a. O., S. 87; Werenfels, a. a. O., S. 219). Die frühere Praxis folgt, soweit feststellbar, dieser Auffassung nicht, während die Asylrekurskommission die
Existenz und Relevanz quasi-staatlicher Verfolgung im erwähnten Sinne in neueren Entscheidungen anerkannt hat (vgl. beispielsweise die unveröffentlichten Urteile vom 9. März 1994 i. S. T. V., und 27. Mai 1994 i. S. Z. A., beide Bosnien-Herzegowina, sowie vom 19. August 1994 i. S. G. K., Sri Lanka). Zur diesbezüglichen Praxis des BFF ist folgendes festzustellen: Die Tatsache, dass die Vorinstanz im Jahre 1993 «fast die Hälfte» der Asylgesuche bosnischer Staatsangehöriger gutgeheissen hat (ASYLON, Ausgabe März 1994, S. 9; gemäss der Darstellung in ASYL 1994/1, S. 20 betrug die betreffende Quote im Jahre 1993 45,1%), legt für die Asylrekurskommission - angesichts des Umstands, dass Angehörige dieser Gruppe als Asylgründe erfahrungsgemäss am häufigsten den Aufenthalt in einem auf dem Territorium ihres Heimatstaats von bosnischen Serben oder Kroaten geführten Internierungslager unter schlechten Bedingungen geltend machen - den Schluss nahe, die Vorinstanz anerkenne im Falle von Bosnien-Herzegowina (nicht nur in Einzelfällen) die asylrechtliche Relevanz quasi-staatlicher Verfolgung im dargelegten Sinne. Hingegen scheint das BFF diese Frage nach den Erfahrungen der Kommission bei vergleichbaren Konstellationen in anderen
Staaten - etwa bei der Verfolgung durch die im nordöstlichen Teil Sri Lankas die faktische Herrschaft ausübenden tamilischen «Liberation Tigers of Tamil Eelam» (LTTE) - regelmässig zu verneinen. Ein nachvollziehbarer Grund für eine solche Ungleichbehandlung wäre allerdings nicht ersichtlich, beziehungsweise eine solche je nach Herkunftsland der betreffenden Asylbewerber uneinheitliche Rechtspraxis würde als kaum zulässig erscheinen.

Aufgrund der vorstehend dargelegten Lehrmeinungen sieht die Asylrekurskommission zur Zeit keine Veranlassung, von der konstanten bisherigen Praxis der Nichtanerkennung der Asylrelevanz von Verfolgung durch private Dritte im schutzunfähigen Staat abzuweichen. Hingegen erachtet es die Kommission angesichts der in der Praxis (des BFF wie der Asylrekurskommission) diesbezüglich offensichtlich herrschenden Unklarheiten aus Gründen der Rechtssicherheit als geboten, die Frage der quasi-staatlichen Verfolgung nachfolgend grundsätzlich zu beantworten beziehungsweise ihre Praxis in dieser Frage zu verdeutlichen und zu präzisieren:

bb. Die frühere Praxis begründete die Nichtanerkennung der Relevanz quasi-staatlicher Verfolgung offenbar generell mit dem blossen Hinweis, für diese könne der Heimatstaat mangels Schutzfähigkeit nicht verantwortlich gemacht werden (vgl. Kälin, a. a. O., S. 65 f.). Seit der Schweizerische Bundesrat diese Argumentation in einem Aufsichtsbeschwerdeentscheid vom 5. April 1989 in Frage stellte, war die Begründung der (beibehaltenen) Praxis in dieser Frage offenbar uneinheitlich und von Unsicherheiten geprägt (Kälin, a. a. O.; Achermann/Hausammann, a. a. O., S. 85 f.). Die neuere Lehre (zu den nachfolgenden Ausführungen in diesem Abschnitt, vgl.: Kälin, a. a. O., S. 66 ff.; Achermann/Hausammann, a. a. O., S. 87) weist überzeugend darauf hin, dass sich die Antwort auf die Frage der Relevanz quasi-staatlicher Verfolgung aus der Definition des Flüchtlingsbegriffs der Genfer Flüchtlingskonvention vom 28. Juli 1951 (FK, SR 0.142.30) - der für die Auslegung des Landesrechts grundsätzlich massgebenden völkerrechtlichen Grundlage beziehungsweise Vorlage des AsylG (Kälin, a. a. O., S. 28, mit weiteren Hinweisen insbesondere auf die Materialien zum AsylG) - ergibt: Gemäss Art. 1A Ziff. 2 FK ist eine Person dann als Flüchtling zu
qualifizieren, wenn sie sich aus begründeter Furcht vor politischer oder ähnlicher Verfolgung «ausserhalb ihres Heimatlandes befindet und dessen Schutz nicht beanspruchen kann oder wegen dieser Befürchtungen nicht beanspruchen will». Nach dem klaren Wortlaut dieser Norm fällt demnach die Flüchtlingseigenschaft ausser Betracht, wenn es der betroffenen Person möglich oder zumutbar ist, sich zur Abwehr der Verfolgung unter den Schutz des Heimatstaates zu stellen, was neben dessen Schutzwillen jedoch notwendigerweise auch dessen Schutzfähigkeit voraussetzt. Eine historische und teleologische Auslegung der erwähnten Bestimmung führt, wie von Kälin (a. a. O., S. 67 f.) ausführlich dargelegt, zum gleichen Ergebnis. Soweit die Verfolgung von Personen durch bestimmte Bevölkerungsgruppen betreffend, folgt die Staatenpraxis (zur Praxis Frankreichs: Thibergien Frédéric, Chronique de jurisprudence: la crise yougoslave devant la Commission de recours, Documentation-réfugiés, supplément au N° 223 - 17/30 août 1993) dieser Auffassung, welche im übrigen auch vom Hochkommissariat der Vereinten Nationen für Flüchtlinge (UNHCR) geteilt wird (vgl. Handbuch UNHCR nicht-amtliche Übersetzung der englischen Originalfassung, Genf 1993, S. 18 f.,
Note 65).

Nach diesen Ausführungen bleibt zu klären, ab welchem Grad die faktische Herrschaft über ein bestimmtes Territorium als quasi-staatlich zu qualifizieren ist: Dass diese Qualifikation bei raschen Herrschaftswechseln - etwa durch sich kurzfristig verändernde Frontverläufe in (Bürger-) Kriegsgebieten - wenig sachgerecht erschiene, ergibt sich ohne weiteres. In solchen Fällen könnte dem Schutzbedürfnis der betroffenen Gewaltflüchtlinge (zu diesem Begriff: EMARK 1993 Nr. 37, S. 267 f.) durch das Institut der jeweils für die Dauer eines Jahres angeordneten und erforderlichenfalls zu verlängernden individuellen - beziehungsweise der durch den Bundesrat angeordneten kollektiven - vorläufigen Aufnahme (vgl. Art. 14a Abs. 5 und Art. 14c des BG vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer [ANAG], SR 142.20) in sinnvollerer Weise Rechnung getragen werden als durch die Asylgewährung, welche nach der Wiedererlangung der Herrschaft der Zentralregierung über das betreffende Gebiet und der Stabilisierung der Verhältnisse grundsätzlich zu widerrufen wäre (vgl. Art. 41 Abs. 1 Bst. b
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 41
AsylG i. V. m. Art. 1
IR 0.142.30 Convenzione del 28 luglio 1951 sullo statuto dei rifugiati (con. All.)
Conv.-Rifugiati Art. 1 Definizione del termine di «rifugiato» - A. Ai fini della presente Convenzione, il termine di «rifugiato» è applicabile:
Abs. C Ziff. 5 FK). Für die Annahme quasi-staatlicher Herrschaft ist demnach zunächst eine gewisse zeitliche
Konstanz der Fremdherrschaft vorauszusetzen. Diesbezüglich kann zwar keine starre Grenze gezogen werden; jedenfalls wäre beispielsweise in Kriegsgebieten mit unklar definierten Frontverläufen und schnellen Herrschaftswechseln aber kaum von für die Annahme quasi-staatlicher Herrschaft genügender Beständigkeit auszugehen. Neben der zeitlichen Dimension sind zudem jeweils auch die gesamten übrigen Umstände der Fremdherrschaft zu berücksichtigen: Deren Stabilität beziehungsweise Effektivität kann sich beispielsweise aus dem Grad ihrer Autonomie gegen aussen oder aus Art und Umfang der Übernahme staatlicher - etwa exekutiver (insbesondere auch verwaltungsmässiger oder polizeilicher), legislativer oder judikativer - Funktionen ergeben. Zu den letztgenannten Kriterien ist indessen anzumerken, dass in (Bürger-) Kriegsgebieten rechtsprechende und vor allem auch gesetzgeberische Funktionen selbst von der ordentlichen Staatsmacht regelmässig schon aus logistischen Gründen (zerstörte Infrastrukturen) nur erschwert oder überhaupt nicht wahrgenommen werden können. Demnach wird im Falle der Nichtübernahme judikativer und legislativer Funktionen durch nicht-staatliche faktische Herrscher aus diesem Grund allein in der Regel noch nicht
auf ein Verneinen quasi-staatlicher Gewalt zu schliessen sein; umgekehrt stellt eine Übernahme einer oder beider der erwähnten Staatsfunktionen in einer Situation kriegerischer Auseinandersetzungen nach dem Gesagten hingegen ein klares Indiz für eine konstante und effektive Fremdherrschaft dar. Insgesamt erscheint entscheidend, ob die «private» Körperschaft einen stabilen und dauernden staatsähnlichen Einfluss auf das von ihr besetzte Territorium und die von ihr unterworfene Bevölkerung auszuüben in der Lage ist. Die Prüfung dieser Frage bedingt zwar in jedem Einzelfall eine differenzierte Lageanalyse. Indessen ist selbstverständlich nicht davon auszugehen, dass für die Annahme quasi-staatlicher Herrschaft im erwähnten Sinne sämtliche der vorstehend beispielhaft dargelegten Kriterien kumulativ erfüllt sein müssen (andernfalls sich ohnehin eher die Frage nach dem Nachfolge- denn jene nach dem «Quasi-Staat» aufdrängen würde): Das Erfordernis des kumulativen Erfüllens sämtlicher erwähnter Kriterien müsste schon aus Gründen der Praktikabilität zu unbefriedigenden Resultaten führen, würde die zwingende Beantwortung jeder der aufgeworfenen Fragen doch regelmässig enormen Abklärungsaufwand voraussetzen und zweifellos in einer
nicht unbeträchtlichen Anzahl von Fällen überhaupt unmöglich sein. Andererseits wird das Erfüllen eines einzigen dieser Kriterien regelmässig noch nicht zur Annahme quasi-staatlicher Herrschaft berechtigen.

Zusammenfassend ist festzustellen, dass künftig die Verfolgung durch «private» Körperschaften, welche im schutzunfähigen Staat im erwähnten Sinne dauerhaft und effektiv die faktische Herrschaft über bestimmte Teilgebiete des staatlichen Territoriums und die dort lebende Bevölkerung ausüben, als quasi-staatliche Verfolgung qualifiziert wird, welche im Falle des Vorliegens der übrigen in vorstehender E. 3.a aufgeführten Voraussetzungen wie unmittelbare oder mittelbare staatliche Verfolgung zur Anerkennung der Flüchtlingseigenschaft - und damit in der Regel zur Asylgewährung - führt.

[Anmerkung der Redaktion: Im vorliegenden Fall nimmt die ARK für den Zeitpunkt des Entscheides (Januar 1995) bezüglich der Kroaten und der HVO in Mostar deren quasi-staatliche Herrschaft an.]

[8] Vgl. oben Fussnote 1, S. 239.
[9] Cf. ci-dessus note 2, p. 240.
[10] Cfr. sopra nota 3, pag. 242.
[11] Vgl. oben S. 240.

Dokumente der ARK
Informazioni decisione   •   DEFRITEN
Documento : VPB-60.30
Data : 10. gennaio 1995
Pubblicato : 10. gennaio 1995
Sorgente : Autorità che hanno preceduto la LPP fino al 2006
Stato : Pubblicato come VPB-60.30
Ramo giuridico : Commissione svizzera di ricorso in materia d'asilo (CRA)
Oggetto : Grundsatzentscheid der Schweizerischen Asylrekurskommission[8].


Registro di legislazione
LAsi: 2 
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 2 Asilo - 1 La Svizzera, su domanda, accorda asilo ai rifugiati secondo le disposizioni della presente legge.
1    La Svizzera, su domanda, accorda asilo ai rifugiati secondo le disposizioni della presente legge.
2    L'asilo comprende la protezione e lo statuto accordati a persone in Svizzera in ragione della loro qualità di rifugiati. Esso comprende il diritto di risiedere in Svizzera.
3 
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 3 Definizione del termine «rifugiato» - 1 Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
1    Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi.
2    Sono pregiudizi seri segnatamente l'esposizione a pericolo della vita, dell'integrità fisica o della libertà, nonché le misure che comportano una pressione psichica insopportabile. Occorre tenere conto dei motivi di fuga specifici della condizione femminile.
3    Non sono rifugiati le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato. È fatto salvo il rispetto della Convenzione del 28 luglio 19514 sullo statuto dei rifugiati.5
4    Non sono rifugiati le persone che fanno valere motivi sorti a causa del loro comportamento dopo la partenza dal loro Paese d'origine o di provenienza e che non sono l'espressione o la continuazione di una convinzione o di un orientamento già ivi esistente. Rimangono salve le disposizioni della Convenzione del 28 luglio 19516 sullo statuto dei rifugiati.7
41
SR 142.31 Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi)
LAsi Art. 41
SR 0.142.30: 1
Parole chiave
Elenca secondo la frequenza o in ordine alfabetico
quesito • autorità inferiore • convenzione di ginevra • commissione di ricorso in materia d'asilo • stato d'origine • diritto d'asilo • bosnia-erzegovina • funzione • istante • croato • legge sull'asilo • convenzione sullo statuto dei rifugiati • convenzione di ginevra • prigioniero di guerra • condizione • potere giudiziario • nemico • richiedente l'asilo • angustia • 1995
... Tutti
GICRA
1993/20 S.130 • 1993/37 S.267
VPB
60.29