Language of document : ECLI:EU:C:2006:381

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER

presentate l’8 giugno 2006 1(1)

Causa C-150/05

Jean Leon van Straaten

contro

Staat der Nederlanden

e

Repubblica italiana

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Rechtbank ‘s-Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

«Questione pregiudiziale a norma dell’art. 35 UE – Acquis di Schengen – Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Interpretazione dell’art. 54 – Principio del ne bis in idem – Nozione di “medesimi fatti” – Trasferimento di una partita di sostanze stupefacenti da uno Stato firmatario ad un altro e detenzione nel secondo di una parte di tale partita – Nozione di “giudicato” – Sentenza di assoluzione per mancanza di prove»





I –    Introduzione

1.        Il presente rinvio pregiudiziale a norma dell’art. 35 UE, effettuato dal Rechtbank ‘s-Hertogenbosch (tribunale civile e penale di primo grado) (2), offre alla Corte di giustizia la quarta occasione per interpretare l’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (in prosieguo: la «Convenzione»), che sancisce il principio del ne bis in idem.

2.        Nelle prime due occasioni la Corte ha affermato che tale principio si applica quando l’azione pubblica si estingue con l’adempimento di determinati oneri concordati con il Pubblico Ministero (3), non operando tuttavia qualora l’archiviazione della causa consegua alla decisione del Pubblico Ministero stesso di non mantenere l’accusa poiché in un altro Stato membro è stato aperto un procedimento contro l’imputato per fatti identici (4).

3.        La terza occasione è stata offerta dalla causa C-436/04, Van Esbroeck, la cui sentenza, pronunciata lo scorso 9 marzo (5), ha esaminato l’efficacia ratione temporis del menzionato principio, delineando la nozione di «idem».

4.        I contorni di quest’ultima nozione e le modalità con cui si estrinseca l’esercizio del potere statale per reprimere condotte penalmente rilevanti assumono nuovamente rilevanza, poiché al giudice nazionale non è chiara la portata dell’espressione «i medesimi fatti» ed esso chiede di accertare se una persona assolta con sentenza per mancanza di prove è «stata giudicata» nel senso del citato art. 54 della Convenzione (6).

5.        Tali dubbi sono sollevati in un procedimento iniziato dal sig. Van Straaten, ai sensi dell’art. 111, n. 1, della Convenzione, al fine di contestare la propria iscrizione nel Sistema d’informazione Schengen.

II –  L’acquis di Schengen

A –     In generale

6.        Tale complesso normativo comprende:

a)      L’Accordo relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato il 14 giugno 1985 nella omonima città lussemburghese, dagli Stati facenti parte dell’Unione economica del Benelux, dalla Repubblica federale di Germania e dalla Repubblica francese (7),      

b)      la Convenzione di applicazione del precedente Accordo, firmata il 19 giugno 1990 (8), che stabilisce misure di cooperazione per neutralizzare l’eliminazione di tali controlli;

c)      i protocolli e gli strumenti di adesione degli altri Stati membri, le dichiarazioni e gli atti adottati dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione, nonché quelli emanati dalle istanze alle quali tale Comitato attribuisce competenze decisionali (9).

7.        Il Protocollo (nº2) allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea integra nell’Unione il complesso normativo descritto, essendo in vigore, giusta l’art. 2, n. 1, primo comma, nei tredici Stati elencati nell’art. 1, fra cui figurano il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica italiana (10), a partire dalla data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1 maggio 1999).

8.        Secondo il preambolo del Protocollo l’obiettivo consiste nel rafforzare l’integrazione in Europa e, in particolare, favorire nel più breve tempo possibile la trasformazione dell’Unione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

9.        Conformemente all’art. 2, n. 1, secondo comma, del Protocollo, il Consiglio ha adottato il 20 maggio 1999, le decisioni 1999/435/CE e 1999/436/CE, in cui definisce l’Accordo di Schengen e stabilisce, in conformità delle norme rilevanti del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione europea, la base giuridica delle disposizioni che integrano il suo acquis (11).

B –     In merito al principio del ne bis in idem

10.      Il Titolo III della Convenzione, denominato «Polizia e sicurezza», inizia con un capitolo dedicato alla «Cooperazione fra forze di polizia» (artt. 39-47) e prosegue con un altro che concerne la «Assistenza giudiziaria in materia penale» (artt. 48-53).

11.      Il terzo capitolo, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem », è composto dagli artt. 54-58, con fondamento normativo negli artt. 34 UE e 31 UE, a norma dell’art. 2 e dell’allegato A della menzionata decisione 1999/436.

12.      L’art. 54 stabilisce:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

13.      L’art. 55, n. 1, lett. a) specifica che, al momento della ratifica della Convenzione, uno Stato può dichiarare di non essere vincolato dall’art. 54 quando i fatti si sono svolti totalmente o in parte sul suo territorio e non nel paese in cui si è svolto il procedimento.

C –    Sulla lotta al narcotraffico

14.      Oltre ai capitoli quarto («Estradizione»; artt. 59 ‑ 66) e quinto («Trasmissione dell’esecuzione delle sentenze penali»; artt. 67 ‑ 69), il titolo III ne dedica un altro agli «Stupefacenti» (artt. 70 ‑ 76), il cui art. 71, con fondamento normativo, oltre che negli artt. 34 UE e 31 UE, nell’art. 30 UE, stabilisce:

«Le Parti contraenti si impegnano, relativamente alla cessione diretta o indiretta di stupefacenti e di sostanze psicotrope di qualsiasi natura, compresa la cannabis, nonché alla detenzione di detti prodotti e sostanze allo scopo di cederli o di esportarli, ad adottare, conformemente alle vigenti convenzioni delle Nazioni Unite, tutte le misure necessarie a prevenire ed a reprimere il traffico illecito degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope»

15.      Un ultimo capitolo, il settimo (artt. 77-91), riguarda le «Armi da fuoco e munizioni».

D –    Sul Sistema d’informazione Schengen

16.      Il titolo IV della Convenzione (artt. 92 ‑ 119) istituisce il Sistema d’informazione Schengen (12) , composto da una sezione presso ciascuna Parte contraente e da un’unità di supporto tecnico per conoscere, tramite interrogazioni automatizzate, le segnalazioni di persone e oggetti per le finalità di cui agli artt. 95 ‑ 100 (combinato disposto degli artt. 92, n. 1, art. 94, n. 1 e art. 102, n. 1).

17.      Uno di tali obiettivi riguarda l’arresto a fini di estradizione, posizione in cui i dati della persona ricercata sono inseriti nel sistema su istanza dell’autorità giudiziaria dello Stato richiedente (art. 95, n. 1), unico autorizzato a modificarli, completarli, rettificarli o cancellarli (art. 106, n. 1). Lo Stato richiesto, se ritiene la segnalazione incompatibile con il proprio ordinamento giuridico, i propri obblighi internazionali o i propri interessi sostanziali, ha facoltà di inserire un’indicazione che impedisce l’arresto sul proprio territorio (combinato disposto degli artt. 95, n. 3, e art. 94, n. 4).

18.      Ciascun paese designa l’organismo competente per la gestione della parte nazionale del Sistema (art. 108, n. 1). I soggetti interessati possono avvalersi di azioni per chiedere la rettifica o la cancellazione di una segnalazione, nonché per ottenere informazioni o chiedere un indennizzo (art. 111, n. 1), mentre i firmatari si impegnano reciprocamente ad eseguire le decisioni definitive emesse (art. 111, n. 2).

III – I fatti, il procedimento principale e le questioni pregiudiziali (13)

19.      Nel mese di marzo 1983 il sig. Van Straaten, cittadino comunitario, possedeva in Italia circa cinque chilogrammi di eroina che introduceva nei Paesi Bassi, luogo in cui aveva la disponibilità di circa mille grammi.

20.      In quest’ultimo Stato membro gli sono state contestate tre condotte delittuose: 1) importazione dall’Italia intorno al 26 marzo, in concorso con il sig. Yilmaz, di cinque chilogrammi e mezzo di tale droga; 2) disponibilità di mille grammi nei giorni 27 e 30 dello stesso mese; e 3) detenzione di armi da fuoco e munizioni.

21.      Il Rechtsbank ‘s-Hertogenbosch, nella sentenza 23 giugno 1983, lo assolveva dalla prima accusa per mancanza di prove (14), condannandolo per le altre due ad una pena privativa della libertà di venti mesi, la quale veniva debitamente scontata dopo il passaggio in giudicato della sentenza (15).

22.      In Italia il sig. Van Straaten veniva processato per possesso e esportazione nei Paesi Bassi a più riprese, fino al 27 marzo 1983, di circa cinque chilogrammi di eroina, con l’aggravante di avere agito in qualità di membro di un’associazione per delinquere. Celebrato il dibattimento senza che fosse presente, nonostante rituale citazione, il Tribunale ordinario (Tribunale di primo grado) di Milano, con sentenza 22 novembre 1999, senza riconoscere la sussistenza di codesta circostanza aggravante, lo condannava a dieci anni di reclusione e ad una multa di cinquanta milioni di lire, nonché al pagamento delle spese processuali.

23.      Su istanza delle autorità italiane il sig. Van Straaten veniva iscritto nel Sistema d’informazione Schengen, per l’arresto e l’ulteriore estradizione, richiesta dalla Procura della Repubblica di Milano l’11 settembre 2001. Invocando l’art. 95, n. 3, della Convenzione, i Paesi Bassi aggiungevano un’indicazione per impedirne l’arresto sul proprio territorio.

24.      Venuto a conoscenza della seconda sentenza e del suo inserimento nel Sistema, il sig. Van Straaten chiedeva, tramite il Korps Landelijke Politidiensten (16) (corpo di polizia nazionale olandese) l’eliminazione dei propri precedenti penali senza ottenere risposta, motivo per cui presentava immediatamente reclamo dinanzi al Rechtbank ‘s-Hertogenbosch. Giusta l’art. 106, n. 1, della Convenzione, tale autorità giudiziaria, con ordinanza 16 luglio 2004, chiamava in causa la Repubblica italiana.

25.      Il Rechtbank sostiene che, a norma dell’art. 111 della Convenzione, il sig. Van Straaten è legittimato ad esercitare l’azione e che l’Italia appare obbligata ad accettare la decisione da esso adottata.

26.      Il sig. Van Straaten sostiene che la pena inflitta in quest’ultimo paese viola la Convenzione e che, di conseguenza, la sua esecuzione è affetta da illegalità. L’Italia replica che l’importazione punibile non è stata «giudicata» nei Paesi Bassi, in quanto è stata emessa una sentenza assolutoria e dunque nulla osta ad un secondo procedimento.

27.      Il Rechtbank ‘s-Hertogenbosch ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni:

«1.      Che cosa debba intendersi per “medesimi fatti” ai sensi dell’art. 54 della Convenzione. (Se la disponibilità di circa 1 000 grammi di eroina nei Paesi Bassi nel periodo 27‑30 marzo 1983 o intorno ad esso equivalga al possesso di circa 5 chilogrammi di eroina in Italia alla data del 27 marzo 1983 o intorno alla medesima, tenendo conto del fatto che la partita di eroina nei Paesi Bassi faceva parte della partita di eroina in Italia. Se l’esportazione di una partita di eroina dall’Italia nei Paesi Bassi equivalga all’importazione della medesima partita di eroina dall’Italia nei Paesi Bassi, tenendo conto anche del fatto che i coindiziati del sig. Van Straaten nei Paesi Bassi non sono affatto gli stessi nei Paesi Bassi ed in Italia. Se, dato l’insieme degli atti consistenti nel possesso in Italia, esportazione dall’Italia, importazione nei Paesi Bassi, disponibilità nei Paesi Bassi della menzionata eroina, si tratti dei «medesimi fatti»).

2.      Se si tratti di giudizio di una persona ai sensi dell’art. 54 della Convenzione quando l’accusa mossa contro tale persona viene dichiarata non provata in maniera legale e convincente e la stessa viene quindi assolta con sentenza».

IV – Il procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia

28.      La Commissione, i governi austriaco, ceco, spagnolo, francese, italiano, olandese, polacco e svedese hanno formulato osservazioni scritte, essendo intervenuti i rappresentanti di Spagna, Paesi Bassi e della Commissione all’udienza del 4 maggio 2006 durante la quale hanno formulato oralmente le proprie argomentazioni.

V –    La ricevibilità delle questioni pregiudiziali

29.      I governi francese e spagnolo contestano la pertinenza di questo incidente, ma per motivi differenti.

30.      Il governo francese lamenta la scarsità di notizie fornite dal giudice procedente il che,occultando l’oggetto della controversia, ostacola la valutazione della necessità di esegesi da parte della Corte di giustizia per risolverla.

31.      L’eccezione preliminare del governo spagnolo (17) ha una portata più limitata, in quanto è circoscritta alla questione iniziale e, in subordine, alla sua seconda parte che, a suo avviso, riguarda la definizione dei fatti. Esso sostiene che precisare se una condotta giudicata in un processo coincida con quella valutata in un altro precedente esula dalla funzione interpretativa della Corte di giustizia.

A –    La rilevanza del rinvio

32.      Non sbaglia il governo francese quando afferma che l’ordinanza del Rechtbank consente a malapena di intravedere la natura e lo scopo della pretesa del sig. Van Straaten. Senza dubbio la nebbia si dissolve consultando gli atti di origine e la memoria con cui sono intervenuti i Paesi Bassi.

33.      Riferendosi all’art. 111, n. 1, della Convenzione, il sig. Van Straaten chiede al giudice la cancellazione delle proprie generalità dal Sistema d’informazione Schengen, azione di cui è responsabile la Repubblica italiana subordinatamente alla decisione che sarà adottata (combinato disposto degli artt. 106, n. 1 e 111, n. 2, della medesima Convenzione).

34.      L’iscrizione consegue alla sentenza del Tribunale ordinario di Milano per la cui esecuzione il Pubblico Ministero chiedeva l’estradizione, che presuppone l’arresto.

35.      In sintesi la legittimità della sanzione determina la legittimità dell’inserimento nel Sistema o, viceversa, l’azione volta ad ottenere la cancellazione può avere esito positivo solo se il fatto da cui dipende è illecito. Su questa linea una decisione giudiziale in violazione del principio del ne bis in idem non giustificherebbe la consegna del condannato, previa iscrizione nel menzionato Sistema per la cattura dello stesso (18). Orbene non vi è nulla di strano nel fatto che il Rechtbank ‘s-Hertogenbosch, per salvaguardare tale principio, esamini il senso dell’espressione «i medesimi fatti», utilizzata nell’art. 54 della Convenzione, chiedendo se una sentenza di assoluzione per mancanza di prove assurga a postulato per la sua applicazione.

36.      Si potrebbe argomentare l’inutilità dell’esercizio, dal momento che il sig. Van Straaten non ha motivo di temere l’arresto nel suo paese, giacché le autorità olandesi, giusta l’art. 95, n. 3, della Convenzione, hanno aggiunto una salvaguardia (cui ho fatto riferimento nel paragrafo 17 delle presenti conclusioni); questo approccio, tuttavia, è sbagliato sotto due aspetti: da un lato, analizzando l’interesse dell’istante nel procedimento principale ed incidendo sulla legittimazione ad causam, si sconfina in un campo precluso alla giurisdizione comunitaria; dall’altro, si nega non solo che tale mediazione puntuale dello Stato richiesto non osta alla privazione della libertà in altri Stati membri, ma anche che l’art. 54 della Convenzione mira a garantire la libera circolazione dei cittadini nell’Unione (19), obiettivo di cui all’art. 2 UE, primo comma, quarto trattino.

37.      Inoltre la disciplina dell’art. 234 CE è valida ai fini dell’art. art. 35 UE, adattato alle sue particolarità (20), ma con tutta l’elaborazione giurisprudenziale di cui è stata oggetto. Entrambe le norme subordinano la proposizione di questioni alla Corte di giustizia alla circostanza che il giudice nazionale reputi necessaria, per emettere la propria decisione, un’interpretazione pregiudiziale, sussistendo dunque una presunzione di pertinenza del rinvio, a meno che: a) manchi di collegamento con la realtà o l’oggetto della controversia; b) il problema rappresenti una mera ipotesi; o c) il tenore della formulazione con cui è proposta urti contro elementi imprescindibili per fornire una soluzione utile (21), circostanze che, come spiegato, non ricorrono nel caso di specie.

38.      Un ulteriore ostacolo alla ricevibilità, rilevato dalla Commissione per negarlo e collegato alla futilità addotta dal governo francese, riguarda il chiarimento se l’art. 54 della Convenzione influisca ratione temporis sul procedimento di origine.

39.      L’efficacia nel tempo di tale norma è stata affrontata nella causa Van Esbroeck, nelle cui conclusioni affermo che il diritto a non essere sottoposto a processo o a pena più volte per gli stessi fatti si qualifica come garanzia materiale, finalizzata a che nessuno, «dopo avere commesso una violazione e avere pagato per la propria colpa, sia perseguito e corretto nuovamente»; esso si perfeziona col consolidamento di tali presupposti allorché sorge, quale rovescio della medaglia, l’obbligo del pubblico potere di astenersi da qualsivoglia repressione. Una precedente sentenza passata in giudicato fa scattare l’applicazione del principio (paragrafo 31). La data della prima pronuncia risulta determinante, sempre che la seconda venga emessa dopo l’entrata in vigore della Convenzione la quale non contiene nessuna previsione specifica sugli effetti nel tempo dell’art. 54 (paragrafi 32 e 29 delle menzionate conclusioni). Aderendo ai miei suggerimenti, la summenzionata sentenza in occasione di quella causa ha statuito che la massima del ne bis in idem incide su situazioni simili a quelle odierne (punti 23 e 24).

40.      Il citato strumento internazionale, inedito al momento dei fatti (emissione della prima decisione nei Paesi Bassi e inizio del procedimento in Italia), era in vigore quando è stata pronunciata la condanna in quest’ultimo paese e dunque in questo frangente era pienamente operativo il ne bis in idem, motivo per cui le riflessioni dei precedenti paragrafi 33-37 conservano intatta la propria potenzialità.

B –     Un concetto giuridico indeterminato

41.      Tanto meno erra il governo spagnolo quanto sottolinea che la prima questione è pertinente ai fatti, ma sbaglia a proporne il rigetto ad limine.

42.      Un siffatto esito non è richiesto per l’intera domanda, ma solo per gli interrogativi posti fra parentesi in cui il giudice nazionale chiede una presa di posizione circa la particolare congiuntura della controversia che non può ottenere in quanto tale compito esula dalle funzioni ermeneutiche della Corte di giustizia.

43.      Orbene il parere comincia con un interrogativo che, nonostante i riferimenti ai fatti, ha una innegabile portata esegetica in quanto si riferisce ad un concetto giuridico indeterminato (22) («i medesimi fatti») del dettato normativo.

44.      Un problema simile si è posto nella causa Van Esbroeck, in cui segnalo che il compito di chiarire se una condotta per cui si apre un procedimento coincida con quella oggetto di un altro appartiene intrinsecamente al potere giurisdizionale e, a tal fine, è competente solo il giudice che conosce direttamente la realtà su cui proietta il suo apprezzamento, fatto salvo il riesame in un secondo grado di giudizio (paragrafo 36 delle conclusioni). La funzione della Corte di Giustizia si limita a fornire alcuni criteri interpretativi che, attenendo ai fondamenti e alla finalità dell’art. 54 della Convenzione, mostrino la direzione più opportuna per assicurare un’uniformità di trattamento nel territorio dell’Unione europea (paragrafo 37).

45.      In questa circostanza appare sterile, partendo dal diritto comunitario, proporre alcuni modelli autonomi miranti a suggerire un criterio generale per affrontare eventuali casi futuri, «giacché la contingenza delle politiche criminali e la natura del procedimento penale ostacolano la costruzione di valori universali », essendo possibile che un’impostazione utile in relazione ad alcune fattispecie penali o rispetto a determinate forme di concorso si riveli inadeguata per altre (paragrafi 38 e 39). Ritengo sia più logico adottare una posizione intermedia che, senza addentrarsi nei fatti del procedimento principale, trascenda le circostanze di specie per fornire al giudice nazionale regole destinate a risolvere la controversia in conformità dello spirito della norma (paragrafo 40).

46.      Ritengo che questo approccio faciliti una risposta utile al giudice nazionale senza sostituirsi ad esso, evitando i rischi paventati dal Governo spagnolo.

VI – Esame delle questioni pregiudiziali

47.      Spianato il cammino, devono essere fugati senza ulteriori indugi i dubbi del Rechtbank ‘s-Hertogenbosch. Il primo, come ho già osservato, è stato affrontato nella causa Van Esbroeck; le sentenze Gözutök e Brügge, da un lato e Miraglia, dall’altro forniscono schemi di riferimento per il secondo. Senza dubbio questo incidente pregiudiziale ha per oggetto l’interpretazione di determinate variazioni sul tema.

48.      Comincio dalla fine poiché, se si decide che una sentenza di assoluzione per mancanza di prova degli addebiti non impedisce un esame successivo dei «medesimi fatti», si rende superflua qualsiasi speculazione su questa nozione.

A –    Il concetto di bis: l’assoluzione per mancanza si prove (seconda questione)

49.      Nelle conclusioni Gözütok e Brügge affermo che chiunque sia stato giudicato da uno Stato firmatario della Convenzione può esserlo di nuovo per una condotta identica, che sia stato assolto o condannato (paragrafo 46).

50.      La mia opinione non è minimamente cambiata da allora, ma, a differenza di quanto avveniva in quell’occasione in cui non si entrava nei dettagli, ora occorre esplicitare i motivi per cui una pronuncia di siffatta natura attiva la tutela offerta dalla regola del ne bis in idem.

1.      L’interpretazione letterale

51.      Il tenore dell’art. 54 della Convenzione non ammette discussione poiché, oltre ad alludere ad un procedimento con una sentenza definitiva, senza fare riferimento alla natura dell’esito, proibisce qualsiasi futura azione penale sottolineando che «en caso de condena» (23), il divieto è condizionato dall’esecuzione della pena o dalla impossibilità di tale esecuzione. Questa precisazione sarebbe ridondante se il principio si applicasse solo dopo una sanzione.

52.      La sentenza Miraglia, anche se in modo implicito – non avendo affrontato direttamente questo aspetto – ha espresso tale parere, insistendo sull’idea di indagine «nel merito» (punto 30) e rigettando l’applicazione dell’art. 54 della Convenzione nel caso in cui il procedimento venga archiviato perché ne è stato aperto un altro in un diverso Stato membro (punto 35). Il punto cruciale è l’esercizio dello ius puniendi, tramite una valutazione di tutti gli elementi concorrenti, mentre la portata del verdetto non è rilevante (nel prosieguo approfondisco questo concetto).

53.      L’esaustività della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (24) avalla questa riflessione. L’art. 50 vieta un successivo esame se la persona coinvolta è «stata assolta o condannata» (25) con sentenza definitiva.

54.      Tali argomenti svuotano di contenuto un’esegesi come quella esposta dal governo austriaco, per respingerla, al paragrafo 37 delle sue osservazioni scritte. Nel contesto di Schengen interpretare il ne bis in idem come se rendesse indispensabile una dichiarazione di colpevolezza, indipendentemente dal fatto che sia accompagnata o meno da una condanna, costituirebbe un attentato allo spirito dell’art. 54 della Convenzione, oltre a ridurne ingiustificatamente il campo di applicazione poiché escluderebbe le assoluzioni per mancanza di tale componente soggettiva (26).

55.      Un analogo contrasto è rilevabile nella tesi del governo spagnolo che, oltre ad essere contraddittoria (27) , è errata, in quanto colloca la ratio dell’aforisma nel principio di proporzionalità, sollecitando una risposta equivalente all’importanza del reato (28) .

2.      L’interpretazione teleologica

a)      Il ne bis in idem in Schengen

56.      Altri principi ispirano tale apotegma: la certezza del diritto e l’equità. L’autore dell’infrazione deve sapere che, scontando la pena, egli espia la colpa, senza timore di una nuova sanzione. Se viene assolto, deve sussistere la certezza che non sarà giudicato più tardi (paragrafi 49 delle conclusioni Gözütock e Brügge e 19 delle conclusioni Van Esbroeck).

57.      La regola del ne bis in idem rappresenta un diritto fondamentale dei cittadini, collegato al giusto processo e al legittimo giudizio, oltre ad essere una esigenza strutturale del sistema giuridico, la cui legittimità si sostanzia nell’autorità della res iudicata (paragrafo 21 delle conclusioni Van Esbroeck).

58.      Quando, nel caso di un cumulo di sanzioni, nel comminarle si ricorre alla proporzionalità per tenere conto delle condanne precedenti, mitigandole, entra in gioco il cosiddetto Anrechnungsprinzip o «principio della presa in considerazione della sentenza» (29), che non va confuso con il ne bis in idem, sebbene lo integri. L’art. 54 della Convenzione non contiene una regola formale che funga da elemento mitigatore al servizio di tale proporzionalità quando una persona è oggetto di sanzioni ripetute per l’identica condotta, bensì una garanzia sostanziale che impedisce una seconda decisione nella causa (Erledigungsprinzip o «principio di esaurimento dei procedimenti») (30).

59.      Nell’acquis di Schengen, finalizzato a rafforzare l’integrazione dei popoli europei trasformando l’Unione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il principio del ne bis in idem si collega, inoltre, al diritto di circolare senza impedimenti (31). La soppressione graduale dei controlli alle frontiere, tappa inevitabile per la realizzazione di questo spazio comune, non è scevra da rischi in quanto favorisce coloro che approfittano di una minore sorveglianza per espandere le proprie occupazioni illecite, rendendosi pertanto imprescindibile un incremento della cooperazione fra forze di polizia e autorità giudiziarie. Questa maggiore incisività, tuttavia, deve realizzarsi senza comprimere le libertà inalienabili in una società democratica di diritto.

60.      In un contesto multinazionale si richiede, come ho già rilevato, una maggiore collaborazione, ma anche un maggiore riconoscimento dei procedimenti giudiziari al di là delle frontiere.

b)      La fiducia reciproca

61.      Il principio del ne bis in idem è funzionale (32) alla stabilità giuridica affinché le decisioni del potere pubblico, una volta definitive, non siano discusse sine die. Esaurita l’azione penale in uno Stato membro, gli altri non possono ignorare tale circostanza. L’integrazione necessita di assistenza, improbabile senza la fiducia reciproca nei rispettivi sistemi giudiziari e senza una omologazione delle decisioni, adottate in una vera «casa comune» dei diritti fondamentali (33).

62.      Anche qualora uno Stato non tratti una materia in modo uguale o analogo rispetto ad un altro, i risultati sono equiparati perché riflettono valori e principi equivalenti: si deve credere nel carattere adeguato delle norme dei membri di un progetto tanto ambizioso come l’Unione europea e nella corretta applicazione delle stesse, accettandone le conseguenze nonostante comportino soluzioni differenti (34); quest’idea ne comporta l’accettazione e uno dei suoi corollari è il principio del ne bis in idem.

63.      In sintesi, se uno Stato membro giudica l’autore o il partecipante ad un reato (35), le giurisdizioni degli altri devono astenersi da un nuovo esame, qualunque sia il tenore della sentenza (36), di condanna o di assoluzione, poiché entrambi i casi sono espressioni dello ius puniendi.

3.      La rassegna delle possibili pronunce

64.      In caso di condanna non sussistono dubbi rientrandovi, oltre alle sentenze in senso stretto, anche l’estinzione dell’azione penale attraverso l’esecuzione degli obblighi imposti all’imputato dal Pubblico Ministero (sentenza Gözütok e Brügge).

65.      In caso di assoluzione è vietata qualsiasi azione successiva, sempre che il monopolio statale per la repressione dei reati sia stato attivato effettuando un esame «del merito» (37). Questa locuzione, utilizzata nella sentenza Miraglia, racchiude diverse ipotesi che dipendono dalle motivazioni della decisione, di cui alcune sono intrinseche e altre estranee all’imputato. Fra le motivazioni intrinseche vi sono quelle che lo esimono da responsabilità per difetto di condizioni imprescindibili (cause di non imputabilità e non colpevolezza, come la minore età o il vizio di mente). Quelle esterne comprendono situazioni oggettive, in cui non è possibile pretendere un altro comportamento (cause di giustificazione: legittima difesa, stato di necessità o timore insuperabile) o in cui non sono riunite le qualità personali della fattispecie (elementi soggettivi dell’illecito), nonché attinenti al trascorrere del tempo (38) ed alla stessa realtà indagata.

66.      Quest’ultimo gruppo comprende tre categorie di assoluzioni a seconda che: 1) i fatti non integrano un illecito penale, 2) l’imputato non li ha commessi o 3) non è provato che egli ne sia l’autore (39); la presente questione pregiudiziale attiene a questa terza categoria.

4.      In particolare, l’assoluzione per mancanza di prove

67.      Un verdetto di tale natura comporta un accertamento nel merito o, in altre parole, implica una decisione sulla condotta riguardo alla sua attribuzione ad un soggetto e, in quanto tale, esaurisce lo ius puniendi statale.

68.      Il principio del ne bis in idem osta alla reiterazione sia della pena sia del «perseguimento penale» e dell’«accusa». L’art. 54 della Convenzione utilizza il primo sostantivo, mentre l’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea il secondo. La sentenza Gözütock e Brügge si è espressa con chiarezza adamantina, sottolineando che il menzionato art. 54 «ha lo scopo di evitare che una persona [...] sia sottoposta a procedimento penale per i medesimi fatti sul territorio di più Stati membri» (punto 38). Le sentenze Miraglia e Van Esbroeck si sono attenute a quest’interpretazione (punti 32 e 33, rispettivamente), che non è peregrina, in quanto il citato principio, come ho già esposto, è funzionale all’equità ed alla sicurezza, assocuiandosi al diritto ad un giusto processo; preserva inoltre la dignità a fronte di trattamenti disumani e degradanti, visto che la pratica di reprimere più volte il medesimo illecito merita di essere così qualificata (40).

69.      Il procedimento penale rappresenta di per sé un gravame necessario per coloro che, sulla scorta di indizi razionali, sono considerati sospettati di un’azione punibile; tuttavia, se i giudici reputano in maniera definitiva che gli addebiti non sono stati provati, nulla ne autorizza la riapertura, neanche l’insorgere di elementi nuovi che provino la colpevolezza.

70.      Questa conseguenza non deriva da un criterio accessorio come il principio in dubio pro reo, che opera al momento della valutazione della prova (41), è invece un diritto fondamentale che protegge il cittadino di fronte al potere pubblico e che consente un’assoluzione se, salvaguardate tutte le garanzie ed espletati tutti gli opportuni atti dovuti, non viene meno l’innocenza.

71.      Non è opportuno turbare chi è stato dichiarato non colpevole (42), sia se tale situazione venga constatata materialmente sia se risulti dalla menzionata salvaguardia fondamentale della persona, comune alle tradizioni costituzionali degli Stati membri e incorporata nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (art. 48, n. 1), oltre ad essere stata proclamata nell’art. 6, n. 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, assurgendo a principio generale del diritto comunitario a norma dell’art. 6 UE, n. 2.

72.      In sintesi concordo con la Commissione e gli Stati membri intervenienti, ad eccezione della Spagna, sul fatto che un persona assolta perché l’imputazione non è stata provata deve essere considerata «giudicata» ai fini dell’art. 54 della Convenzione (43).

73.      Nessuno, nemmeno il Governo spagnolo, mette in discussione la potenzialità del ne bis in idem in simili circostanze in seno ad un ordinamento giuridico nazionale; pertanto non si dovrebbe dubitare di un’analoga conclusione in un contesto sovranazionale come quello dell’Unione europea, a meno di non adottare una visione gretta e reticente, che ripudi due pilastri di tale spazio comune: la fiducia reciproca, con il mutuo riconoscimento delle decisioni giurisdizionali ed il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.

B –    La nozione di idem: «i medesimi fatti» (prima questione)

74.      La sentenza Van Esbroeck affronta questo capitolo del rinvio pregiudiziale interpretando l’art. 54 della Convenzione nel senso che esso esige la coincidenza dei fatti, intesa come un insieme di accadimenti indissolubilmente collegati fra loro, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti stessi e dall’interesse protetto dalle fattispecie penali (44). Essa continua aggiungendo che tale qualificazione si applica all’importazione ed esportazione di una partita di stupefacenti, punibile in diversi Stati che riconoscono l’acquis di Schengen, fermo restando che la valutazione definitiva spetta ai giudici nazionali.

75.      Tale messa a punto accoglie i suggerimenti delle mie conclusioni 20 ottobre 2005 relative alla dimensione del concetto strettamente ancorata ai fatti (paragrafi 41-49), all’applicazione dello stesso al trasferimento di una determinata quantità di droga da uno Stato firmatario all’altro (paragrafi 50-52), nonché all’esegesi dell’art. 71 della Convenzione e dei patti settoriali delle Nazioni Unite (paragrafi 53-58).

76.      Sebbene, raggiunti questi livelli del mio esame, avverta la tentazione di fermarmi, le peculiarità della fattispecie mi suggeriscono, facendo un passo avanti, di effettuare alcune riflessioni complementari sull’idem, senza annullare il compito del giudice nazionale cui spetta chiarire se l’esposizione fattuale con cui si inizia una causa coincida con quella di un precedente procedimento.

77.      Quest’ultima precisazione dà ragione al governo spagnolo per cui non si deve prestare attenzione alla seconda parte della prima questione (che è racchiusa fra parentesi) dal momento che comporta un’immersione nei fatti, preclusa alla Corte di giustizia.

1.      L’elemento oggettivo dell’idem

78.      La sentenza Van Esbroeck fa riferimento a «un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro» (punto 36). Questo modo di esprimersi nasconde un doppio aspetto oggettivo.

79.      Da un lato, si deve considerare lo spazio e il tempo talché, se esiste unità in entrambe le dimensioni, la realtà non può essere divisa in episodi isolati artificialmente.

80.      D’altro canto, senza abbandonare il nesso fattuale, quello psichico dell’autore con i propri atti non sembra trascurabile.

81.      Un unico tempo, un unico spazio, ma anche un unico disegno.

82.      Devono essere presi in esame questi tre aspetti per verificare l’uguaglianza richiesta dal principio del ne bis in idem, ben inteso non pretendendone la convergenza. Può cambiare, come nella causa Van Esbroeck, il luogo in cui veniva trasferita una quantità di sostanze illecite da uno Stato membro ad un altro, senza che muti l’evento. La trama delittuosa può estendersi e dividersi in singoli accadimenti, conservando, in ordine alla sanzione, la propria unità (45). Nulla impedisce infine che talvolta l’intenzione dell’autore cambi e, a dispetto di tale circostanza, l’evento resti inalterato.

2.      L’elemento soggettivo: esistenza e destino degli altri coindiziati

83.      Il ne bis in idem, garanzia personale, proibisce un doppio giudizio per un’azione identica. Pertanto, insieme alla coincidenza obiettiva, si richiede quella soggettiva, di modo che è sufficiente che una persona sia giudicata perché non la si disturbi nuovamente.

84.      Conseguentemente la collaborazione di altri soggetti, l’eventualità che cambino nel corso della sequenza criminale e la sorte loro riservata dalla repressione penale hanno un carattere accessorio.

85.      Vale a dire che il principio di cui si dibatte nel presente procedimento opera solo rispetto ad una persona imputata per la prima volta e la situazione non è diversa se cambiano le persone coinvolte nell’esecuzione del reato.

VII –  Conclusione

86.      Alla luce di quanto esposto suggerisco che la Corte di giustizia risponda alle questioni sollevate dal Rechtbank ‘s Hertogenbosch, dichiarando che:

«1)      Una persona è “stata giudicata” nel senso dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen se, dopo un esame delle prove, è stata assolta perché gli addebiti non sono stati provati.

2)      Per valutare l’identità dei fatti occorre:

–        soffermarsi sulla materialità dei comportamenti perseguiti in entrambi i procedimenti, prescindendo dalla loro qualificazione giuridica e dai beni ed interessi protetti dalla relativa sanzione prevista dagli ordinamenti degli Stati firmatari in cui vige l’acquis di Schengen; e

–        considerare come “fatti” l’insieme degli accadimenti indissolubilmente collegati fra loro; a tal fine è bene considerare l’eventuale unità temporale e spaziale degli stessi, nonché l’intenzione dell’autore, mentre è irrilevante che, in entrambi i procedimenti, il titolare della garanzia del ne bis in idem figuri con coindiziati distinti.

3)      Spetta al giudice nazionale decidere, con riferimento ai criteri precedenti, se il possesso di una partita di eroina in Italia, il trasporto della stessa nei Paesi Bassi e la detenzione dell’intera partita o di parte di essa in quest’ultimo Stato costituiscano “medesimi fatti”».


1 – Lingua originale: lo spagnolo.


2 – Città del Brabante, vicina ad Anversa in cui, intorno al 1450, nacque Hieronymus van Aeken, conosciuto con lo pseudonimo di Bosch. I Paesi Bassi hanno accettato questa competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia, conferendo a tutte le giurisdizioni la facoltà di sottoporle questioni (GU 1999, C 120, p. 24).


3 – Sentenza 11 febbraio 2003, cause riunite C‑187/01 e C‑385/01, Gözutök e Brügge (Racc. pag. I‑1345 in cui ho presentato le conclusioni il 19 settembre 2002).


4 – Sentenza 10 marzo 2005, causa C‑469/03, Miraglia (Racc. pag. I‑2009).


5 – Questa sentenza ancora non è stata pubblicata nella Raccolta. Ho redatto le conclusioni, lette il 20 ottobre 2005, anche per questa causa.


6 – La Commissione delle Comunità europee ha presentato un «Libro verde sui conflitti di giurisdizione e sul principio del non bis in idem nei procedimenti penali» [Bruxelles, 23 dicembre 2005, COM(2005) 696 finale], in cui si esaminano i tipi di decisione che promuovono tale principio (pag. 9).


7 –      GU 2000, L 239, pag. 13.


8 –      GU 2000, L 239, p. 19.


9 –      GU 2000, L 239, pp. 63 e seguenti.


10 – Gli altri sono il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d'Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia. Il Regno Unito e la Repubblica d'Irlanda non si sono associati pienamente a questo progetto comune, optando per una partecipazione puntuale [le decisioni del Consiglio 29 maggio 2000, 2000/365/CE, (GU L 131, pag. 43) e 28 febbraio 2002, 2002/192/CE, (GU L 64, pag. 20) riguardano, rispettivamente, le richieste di entrambi gli Stati membri per intervenire in talune delle disposizioni dell'acquis]. La Danimarca si avvale di uno statuto speciale che le permette di eludere le decisioni adottate in questo ambito. Il citato insieme di norme vincola i dieci nuovi Stati membri a partire dall'ingresso nell'Unione europea, sebbene molte necessitino della mediazione del Consiglio (art. 3 dell'atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l'Unione europea).


11 – GU 176, L 1, pp. 1 e 17, rispettivamente.


12 – La Corte di giustizia ha esaminato per la prima volta questo Sistema nella sentenza 31 gennaio 2006, causa C‑503/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑0000).


13 – Tenendo conto della scarsità di informazioni fornite nell'ordinanza di rinvio, per la redazione dei seguenti paragrafi ho utilizzato, in aggiunta, alcune delle osservazioni depositate in via pregiudiziale soprattutto dal governo olandese e dalla Commissione.


14 – Reputo irrilevante e non pertinente l'analisi circa una eventuale erroneità della motivazione. Il dato fondamentale risiede nel fatto che il giudice olandese ha assolto il sig. Van Straaten perché, a suo parere, i fatti non erano provati.


15 – Il Gerechstshof 's-Hertogenbosch (Corte di appello) ha confermato la decisione, anche se ha modificato la qualificazione giuridica della seconda imputazione nella sentenza 3 gennaio 1984, confermata in cassazione dalla sentenza 26 febbraio 1985 del Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema).


16 – Istituzione segnalata a norma dell'art. 108, n. 1, della Convenzione.


17 – Nel suo testo si rileva una deprecabile confusione fra le questioni pregiudiziali di validità e di interpretazione (cfr. paragrafi 5 e 7).


18 – La Commissione sviluppa queste idee nei paragrafi 30-36 della propria esposizione.


19 – Sentenze Gözütok e Brügge (punto 38) e Miraglia (punto 32), già citate.


20 – Sentenza 16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino (Racc. pag. I‑5285, punti 19 e 28).


21 – Sentenza Pupino, appena citata, punti 29 e 30.


22 – Così lo qualifico nelle conclusioni per la causa Van Esbroeck (parágrafo 38).


23 – Espressioni equivalenti figurano in altre versioni linguistiche; ad esempio: en cas de condamnation (francese); im Fall einer Verurteilung (tedesca); if a penalty has been imposed (inglese); e in caso di condanna (italiana).


24 – GU 2000, C 364, p. 1


25 – Con analoga incisività si pronuncia il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 19 dicembre 1966 (art. 14, n. 7), il Protocollo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 4, n. 1) e lo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale (art. 20, n. 1).


26 – - La massima opererebbe quando, nonostante la colpevolezza, l'azione non viene repressa (esimenti, assenza di condizioni obiettive di punibilità o di perseguibilità), restando inattiva se la mancata imposizione di sanzioni è dovuta alla constatazione di alcune cause di non imputabilità o non colpevolezza.


27 – Nel paragrafo 31 della sua memoria esso sostiene che la formula «in caso di condanna» evidenzia che l'art. 54 della Convenzione esclude le assoluzioni, dimenticando che la proposizione principale del precetto figura nell'enunciato «persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva».


28 – La sua tesi, portata all'assurdo, consentirebbe un esame successivo, non solo quando si dichiarasse l'imputato esente da responsabilità penali, ma anche quando la prima condanna non corrispondesse alla valutazione eventualmente condotta in ordine alla gravità dei fatti in un altro Stato membro, essendo possibile una «pena aggiuntiva» per equilibrare il castigo e il rifiuto sociale; in tal modo la sovranità in tale ambito, che nessuno nega, risulterebbe compromessa, prima che da un patto internazionale liberamente accettato, dall'intervento unilaterale dei poteri pubblici stranieri.


29 – L'art. 56 della Convenzione riflette questa idea. Obbliga gli Stati membri a «tenere conto» delle pene precedenti se, a norma dell'art. 55, non sono vincolati dall'art. 54 e iniziano un procedimento contro persone già giudicate con sentenza definitiva da un altro firmatario.


30– Utilizzo termini equivalenti nelle conclusioni dell'11 febbraio 2003, nelle cause C‑213/00P, Italcementi/Commissione (paragrafi 96 e 97) e C‑217/00 P, Buzzi Unicem/Commissione (paragrafi 178 e 179), riunite, insieme ad altre quattro, per la pronuncia delle sentenza 7 gennaio 2004 (Racc. pag. I‑123). Si può consultare la nota 19 delle conclusioni Gözütock e Brügge.


31 – Questa percezione traspare nei punti 38 della sentenza Gözütok e Brügge e 32 della sentenza Miraglia.


32 – Così lo sostengo nei paragrafi 119 e seguenti delle conclusioni Gözütok e Brügge.


33 – Il «Programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali» (GU 2001, C 12, pag. 10) prevede il ne bis in idem come uno dei provvedimenti adeguati a tali fine (pag. 12). In termini analoghi si esprime la «Comunicazione della Commissione e del Consiglio al Parlamento europeo sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie in materia penale ed il rafforzamento della fiducia reciproca fra gli Stati membri» [COM(2005) 195 finale, pag. 4].


34 – - Punti 33 della sentenza Gözütok e Brügge e 30 della sentenza Van Esbroeck.


35 – Suggerisco questo approccio nel paragrafo 119 delle conclusioni Gözütok e Brügge, ponendo l'accento sull'ultima parola dello Stato, provenga essa da un tribunale nelle sue funzioni giurisdizionali, da un giudice istruttore nell'esecuzione del suo compito investigativo o da un Pubblico Ministero nell'esercizio dell'azione volta a perseguire i fatti delittuosi.


36 – La Corte europea dei diritti dell'uomo, in una decisione di rigetto 3 ottobre 2002 (causa n. 48154/99, Zigarella contro Italia), asserisce che la garanzia del ne bis in idem opera indipendentemente dall'esito. Un'altra sentenza più recente 15 marzo 2005 (causa n. 70982/01, Horciag contro Rumanía), ha ribadito l'idea.


37 – Nel Libro verde, menzionato alla nota 6 di queste conclusioni, la Commissione chiede (domanda 18) se, affinché il ne bis in idem abbia effetto, si debba esaminare «il merito» (pag. 12).


38 – Nella causa C-467/04, Gasparini, questione pregiudiziale formulata dalla Audiencia Provincial di Málaga, in qualità di tribunale penale di prima istanza, la Corte di giustizia si deve pronunciare sull'assoluzione per prescrizione.


39 – Potrebbe parlarsi di «prova dell'innocenza» e «assenza di prova di colpevolezza», se non fosse che l'innocenza è presunta, particolare per nulla trascurabile e rilevante per la presente questione del Rechtbank 's-Hertogenbosch.


40 – Sottolineo questo aspetto alla nota 10 delle conclusioni Van Esbroeck.


41 – Se si dubita del concorso degli elementi soggettivi e oggettivi della fattispecie, la bilancia deve pendere dal lato della assoluzione.


42 – L'iniziativa della Repubblica ellenica per adottare una decisione quadro del Consiglio relativa all'applicazione del principio del ne bis in idem (GU 2003, C 100, pag. 24, pag. 24) mirava ad estenderne il campo di applicazione ai casi in cui si proclama l'innocenza (art. 2, n. 1).


43 – La dottrina non contesta che un'assoluzione definitiva presupponga un procedimento penale nel senso dell'art. 54 della Convenzione (Dannecker, G.: « La garantía del principio ne bis in idem en Europa », in Dogmática y ley penal. Libro homenaje a Enrique Bacigalupo, volume I, Madrid 2004, pag. 171).


44 – Nelle conclusioni Gözütok e Brügge (paragrafi 48 e 56) alludo incidentalmente ai beni giuridici e agli interessi tutelati dalla norma sanzionatrice, tuttavia non si può estrapolare tale affermazione dal suo contesto per trarne deduzioni affrettate e trasformarmi in campione di una posizione che rigetto espressamente nelle conclusioni Van Esbroeck. In effetti, in quelle prime conclusioni, per difendere la dimensione internazionale del ne bis in idem, mi riferisco ai valori, ma lasciando intravedere che in seno all'Unione europea e allo spazio Schengen non sono rilevanti, poiché tutti gli Stati coinvolti li condividono (paragrafo 55 in fine)


45 – La vicenda del sig. Van Straaten, che ha trasportato dall'Italia ai Paesi Bassi una quantità di eroina, avendone la disponibilità di una parte in quest'ultimo paese, coincide con questi parametri.